Università Popolare EST OMNIA C.S.R
Molti vedono il fenomeno dei Graffiti moderni come puro e semplice vandalismo, complice il fatto che esso è considerato in tutto il mondo una attività prettamente illegale: io penso che esso, se visto dalla giusta prospettiva, rappresenti una vera e propria espressione artistica e comunicativa, volta a far riflettere su determinati aspetti della realtà sociale.
La nascita dei Graffiti – si concorda - è da attribuire ai pionieri delle città di Philadelphia e New York, circa cinquant’anni fa (1970). Uno su tutti, il più famoso forse, fu un tale, un greco trapiantato a New York, dal nome Dimitrios, il quale, lavorando come fattorino nella Grande Mela, iniziò un bel giorno a segnare con la propria firma il suo passaggio nelle più svariate zone della città: Dimitraki il vezzeggiativo, divenuto poi più semplicemente TAKI, veniva accostato al numero 183; in realtà questo numero enigmatico rappresentava la strada dove Dimitrios abitava. Di Taki 183 arrivò a parlare persino il New York Times, che il 21 luglio 1971 gli dedicava un articolo, in cui voleva sottolineare come il misterioso soggetto avesse formato dietro sé una scia di imitatori e seguaci: nomi come Joe 136, Barbara 62, Eel 159, Yank 135, Leo 136 iniziavano sempre di più a diffondersi nelle strade e nelle metropolitane della città. Le firme di questi autori cominciarono ad essere sempre più grandi ed evolute, più complicate e colorate e con l’avvento di personaggi come Dondi, Zephir, Phase 2, Iz The Wiz, Blade, Lee, Stay High 149, Lady Pink, per citarne solo alcuni, la semplice firma divenne un vero e proprio esercizio di stile, di calligrafia, di evoluzione della lettera. Il mezzo preferito del writer (termine che identifica l’autore di graffiti, che deriva dall’inglese “scrittore”) era il treno della vastissima linea metropolitana che attraversava la città, che gli consentiva di raggiungere un numero di ‘spettatori’ molto grande. Oltre ai nomi già citati, una riflessione particolare va rivolta alla figura di Keith Haring (1958-1990), giovane newyorkese, l’astro dell’arte di strada. Nei ferventi anni in cui i writer citati sopra decoravano i vagoni della metropolitana con scritte evolute, egli iniziò a frequentare i luoghi di ritrovo di questi artisti, assorbendone le idee. Haring iniziò a crearsi uno stile tutto personale, basato sulla realizzazione di personaggi stilizzati, come omini, cani, televisori, piramidi, omini alati, ecc. tutti racchiusi da uno spesso contorno. I luoghi che prediligeva per disegnare le sue figure erano gli spazi dove venivano affissi i cartelloni pubblicitari, nelle stazioni ferroviarie della metro. Ma con il tempo egli disegnò in tutto il mondo anche su muri adiacenti a musei o chiese, lasciando ai posteri delle vere e proprie opere d’arte, rispettate e ammirate in quanto tali, ancora oggi. La sua arte voleva comunicare chiari messaggi di protesta, contro il capitalismo, il razzismo, l'ingiustizia sociale, ma anche messaggi d’amore, felicità e gioia. Il disegno di Haring, apparentemente infantile, ben si presta ad essere paragonato alle figure preistoriche incise nella roccia nella Valle Camonica (chiamati in dialetto di quelle zone pitoti ovvero ‘pupazzi’) o alle immagini disegnate con guano di animali a Porto Badisco in provincia di Lecce. Si può dire che Haring ne abbia ripreso l’immediatezza del tratto e abbia compreso come questa venga a favore di una potente comunicazione. Certo è che accostare una corrente di pittura moderna alle primordiali espressioni dell’uomo può sembrare a molti azzardato, ma, secondo una mia personale riflessione, non mancherebbero caratteri in comune. Oltre al fatto di condividere in un certo modo dei caratteri di forma (come gli omini di Haring e i pitoti della Val Camonica), le due, se pur molto distanti, arti hanno in comune lo scopo per il quale esse si affermarono: il rappresentare ed esprimere una cultura, l’appartenenza ad un gruppo sociale. Inoltre, l’anonimato di cui sembrano giovarsi i moderni graffitari che lascia volutamente spazio ai concetti rappresentati (per esempio, il già citato Taki non ha mai svelato la sua vera identità) potrebbe essere messo in relazione con la condizione dei primi artisti: le fotografie degli interni dei vagoni delle metropolitane di New York, ‘bombardate’ di scritte di ogni tipo, assomigliano proprio a un garbuglio di idee e persone che giacciono vicine le une alle altre, condividendo lo spazio e il tempo, appropriandosene, come fecero gli antichi dipingendo le grotte, quasi fossero una moderna Caverna delle Mani. Una differenza sostanziale tra le prime manifestazioni di arte della preistoria e quelle nuove del ventesimo secolo sta nel “mezzo” con cui esse rispettivamente si esprimono: immagini e ideogrammi nel primo caso, lettere e alfabeti nel secondo; ma ciò è figlio dei tempi, e resta il fatto che un parallelismo rimane possibile, ovvero entrambe vogliono comunicare agli altri delle idee, tentando, se pur inconsciamente, di divenire un messaggio universale, capace di essere compreso al di là dello spazio e del tempo. Cosa, questa, che è accaduta all’arte preistorica e che, forse, accadrà anche ai Graffiti. Andrea Perrone Università Popolare EST OMNIA C.S.R
1 Commento
Ros
4/1/2021 20:01:24
Bellissima e interessante parallelismo dell'arte dei grafiti moderni ed antichi. Complimenti per l'articolo.
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